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GUERRERO, TUTTI A BORDO DEL TRENINO-ICONA

Miguel Ángel Guerrero Paz, detto "El Niche", dalla Colombia con furore


Dai, inutile nasconderlo. Il nome a questa rubrica lo ha ispirato “uno e uno solo”. L’estate del 1997 a Bari è quella in cui si disputano i 13esimi Giochi del Mediterraneo. Edizione memorabile per la città, per l’intera regione Puglia e anche per i giochi stessi. Volontari, gente comune, addetti ai lavori: tutti assieme per celebrare lo sport in una Bari crocevia di storie e simbolo di integrazione. L’estate del 1997 a Bari, però, è anche il momento della gioia per il ritorno in serie A. La stagione non era iniziata benissimo. Poi la vittoria 2-1 nel derby col Lecce cambiò tutta la storia: 11 risultati consecutivi e festa promozione al San Nicola con il Castel di Sangro. Il claim scelto per i Giochi del Mediterraneo è “A Bari nessuno è straniero”. Lo slogan corretto per i tifosi del Bari è “A Bari nessuno è straniero. Nemmeno Guerrero”. Diciamocelo: non ci fosse stato Miguel Angel Guerrero, forse non ci sarebbe stata nemmeno questa rubrica.


La scheda Miguel Angel Guerrero Paz è nato a Calì il 7 settembre 1967. Debutta con l’America a 21 anni e in tre stagioni segna 21 gol vincendo due volte il campionato. Nel 1993 passa all’Atletico Junior Barranquilla: vince il titolo accanto al mito Carlos Valderrama e diventa miglior marcatore del campionato.  “Il nuovo Asprilla” (giornalisti italiani al suo arrivo in Italia) “Quando gioca a calcio, balla come un Niche” (giornalisti colombiani) El Niche ha ballato davvero?

Guerrero arriva in Italia nell’estate del 1994. Ha appena segnato una barca di gol con la squadra di Barranquilla. Ma il ct colombiano Maturana non lo ha portato ai Mondiali. Regalia, così, ne approfitta: vola in Sudamerica e lo porta a Bari senza spendere troppo. L’esperienza dei Cafeteros negli Usa è quantomeno tragica. L’inizio di Guerrero a Bari è quantomeno tragicomico. Deve sostituire Joao Paulo, partito a giugno. Deve tenere in panchina Protti, terzo attaccante dopo Sandro Tovalieri e il colombiano, appunto. Per tutti, peraltro, è il nuovo Asprilla. Pronti via: due rigori sbagliati a Torino e a Padova. Non il massimo.


Il 16 ottobre in Serie A, il Milan perde a Padova e la Juve perde a Foggia (e già questo basterebbe per fare entrare quel giorno nella storia del calcio italiano e del totocalcio nostrano). Il Bari gioca a San Siro contro l’Inter. Quella giornata diventa così irripetibile. Al 2’ minuto Gautieri crossa, Bergomi sbaglia, Guerrero spara all’incrocio senza troppi pensieri. Pagliuca battuto, gol. Il colombiano corre verso la bandierina, poi frena e desiste. Al 24’ è Diaz a sbagliare il tocco, di nuovo Guerrero ad occhi chiusi. Pagliuca battuto, palo. Al 44’ Gautieri crossa ancora, nessuno sbaglia questa volta, ma Tovalieri è più Cobra di tutti. Testata, gol. L’attaccante laziale corre verso la bandierina, poi frena ma non desiste. Si inginocchia e fa partire il trenino più famoso della storia del calcio. “Guerrero esultava così già in Colombia” dirà Tovalieri. “Era l’occasione giusta per provarci” dirà Guerrero. Il colombiano insomma è l’importatore e il regista, ma nel sequel gli attori protagonisti di una delle migliori stagioni di sempre del Bari saranno Tovalieri (17 volte capofila) e Igor Protti (7 volte macchinista). Guerrero salirà a bordo solo un’altra volta, in casa con il Brescia.  In campo, oltre al gol all’Inter a Milano, un gol assieme ad altri 9 nella serie B 1996/1997 decisivi per l’immediato ritorno in A e un gol alla Fiorentina a Firenze nel 1999 decisivo per l’accesso all’Intertoto (a cui tuttavia il Bari rinuncerà). Fuori dal campo la Macarena rivisitata al ritmo di Vai Guerrero, i cori dei tifosi, i ricci e il pesce a tavola, la simpatia smisurata.


El Niche (soprannome dall’origine dubbia, pare coniato da un giornalista innamorato della “danza” calcistica di Guerrero e delle sonorità del Grupo Niche, leggendario gruppo di Salsa Colombiana) ha attraversato la storia di Bari e della Bari a modo suo. Lasciando un dilemma mai chiarito: giocatore di qualità, fisicamente dotato, dal tiro potente o calciatore di rincalzo mai veramente affermatosi al San Nicola. Intanto, Matarrese, a fine stagione, lo manda in prestito in Spagna.


Bari la tappa più iconica della Guerrero story

La prima stagione a Bari, insomma, non è memorabile: 2 gol in 34 partite. Matarrese lo cede al Merida. Quando rientra in Puglia, il Bari deve ripartire dalla B. Ed è così che inizia una nuova storia per Bari e per Guerrero. Tre stagioni consecutive da 13 gol in 61 presenze in una “risalita” che ha fatto bene ai colori biancorossi. Dopo i Mondiali 1990 in Italia (l’esperienza migliore con la Nazionale, 5 presenze in tutto) e dopo gli anni all’Atletico Junior, Bari diventa una delle tappe migliori della carriera di Guerrero. Quella più iconica forse. Tornerà all’Atletico Junior per qualche mese nel 2000 a 33 anni. Giusto per i saluti e per chiudere la carriera. Oggi è un osservatore, a caccia di talenti sudamericani da proporre al mercato europeo.

Il dilemma mai risolto Gesti tecnici di pregio o clamorosi gol sbagliati? Scatti fulminanti o troppo lento per la serie A italiana? La 17 del Bari non ha mai avuto un proprietario così brillante o ne avremmo potuto fare a meno? Rimarrà nella storia o ha fatto la storia perché quelli venuti dopo non erano abbastanza all’altezza? Chissà.

Guerrero resterà comunque nella memoria di Bari e dei baresi. Icona di un’epoca calcistica per Bari, quella della rinascita con Fascetti in panchina, quella del “dopo Protti” e del “prima Cassano”, quella del trenino. Tanto basta. Salite a bordo.


Antonello Minoia

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