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FEDE E PALLONE, IL SAIO DI DENTUTI E LA MEDAGLIETTA DI GAMBERINI


Generazioni di ragazzi si sono dati battaglia sui campi degli oratori. Numerosi calciatori, affermatisi successivamente, hanno tirato i primi calci contro le mura dello spiazzo di una parrocchia. In casa biancorossa l’esempio più famoso rimane quello di Biagio Catalano, cresciuto calcisticamente sul cemento piastrellato dell’oratorio dei Salesiani di Don Bosco presso la chiesa del Redentore in pieno quartiere Libertà. Chi ha frequentata quelle realtà, ormai in estinzione, sa bene che la condizione per poter accedere ai campetti dei padri Salesiani era: “Gioca chi viene a messa”. Numerosi sono gli episodi che legano il calcio alla fede religiosa manifestata da calciatori professionisti.

Il più conosciuto è quello dell’ex difensore interista Taribo West. L’arcigno difensore professava l’inclinazione per la sua religione anche fra le mura dello spogliatoio nerazzurro. Famoso l’episodio dell’invito a cena rivolto ai compagni di squadra Zamorano e Zanetti. Li tenne cinque ore raccolti in preghiera prima di offrire loro un pasto misero e frugale. O quando disse all’allora allenatore Marcello Lippi: “Mister, Dio mi ha detto che devo giocare nell’Inter”. La risposta del tecnico: ”Strano, a me non ha detto niente”. Una volta lasciato il calcio è diventato predicatore pentecostale presso una chiesa della periferia milanese.

Esempio di conversione religiosa viene dal fuoriclasse Italiano Roberto Baggio. In un particolare momento della sua carriera il “divin codino” ritrova la serenità interiore grazie alla religione buddista. Una conversione, appunto, che fece parecchio discutere. Addirittura i gesuiti di Civiltà cattolica ipotizzarono la scomunica del fantasista per apostasia. Baggio rimase indifferente continuando, ancor oggi, a professare il suo credo.

La vocazione religiosa, come da testimonianze preziose raccolte da Gianni Antonucci, è stata presente anche nella storia biancorossa. Il barese verace Giorgio Dentuti, attaccante degli anni Trenta con 41 presenze e 6 reti con i galletti, appena terminata la carriera indossò il saio dei monaci Benedettini in quel di Cava dei Tirreni per poi trasferirsi a Noci presso il monastero di Santa Maria della Scala. In età molto avanzata decise di prendere i voti del sacerdozio, ma era ormai tardi e di li a poco lasciò il convento per dedicarsi alla famiglia.

Un altro episodio in casa biancorossa, meno conosciuto, riguardò l’attaccante barese Raffaele Gamberini bomber di metà anni Cinquanta. Devoto alla Madonna, portava con sè una medaglietta con l’effige della Santa Vergine. Il 27/6/1954 dopo la famosa vittoria di Napoli contro il Colleferro che decretò la promozione della squadra in C, l’attaccante barese, a segno in quell’incontro, decise di omaggiare tutta la squadra della medaglietta che tanta fortuna aveva portato a lui. Conseguenza di tanta dedizione e per compiere un dovuto atto di ringraziamento, il commendator Ruggieri donò alla squadra una statua della Vergine che venne murata all’imbocco del sottopassaggio degli spogliatoi dello stadio della Vittoria. Fede ma anche scaramanzia.

La più famosa trova in Giovanni Trapattoni, il tecnico più vincente del nostro campionato, un vero primo attore. Indimenticata la sua bottiglietta di acqua santa, donatagli da una zia suora, portata in panchina durante i Mondiali di Corea del 2002. Poco prima del pareggio di Del Piero contro il Messico, che regalò agli azzurri gli ottavi di finale, il buon Giuan aveva versato sotto la sua panchina l’intera bottiglietta di acqua benedetta. Pareva avesse trovato la ricetta giusta. Purtroppo la sorte ci regalò il famigerato arbitro Moreno. Fuori dai Mondiali contro la modesta Corea del Sud. Della serie, citando il grande Peppino de Filippo: “Non è vero ma ci credo…”


Michele Bonante

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