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DE TOMMASI: "BARI NON MOLLARE PROPRIO ADESSO"

L'ex biancorosso: "Il calcio come la vita è imprevedibile"


“Il calcio è come la vita: imprevedibile”. Partendo da questo assunto, l’invito di Claudio De Tommasi è: “Bari, non mollare”. L’ex biancorosso, 63 anni, ora istruttore di scuola calcio, non vuol pensare ad una lotta per il primato già archiviata a febbraio. Mostrava ancora fiducia alla vigilia della doppia sfida interna con Cavese (una delle squadre in cui Claudio ha lasciato il segno e un gran ricordo fra i tifosi) e Viterbese. Certo, poi con i campani è arrivato solo un pari e i biancorossi non hanno saputo approfittare della frenata umbra a Palermo. Claudio De Tommasi nasce a Bari il 16 ottobre 1957. Cresciuto nelle Giovanili della Roma, passa alla Salernitana dove resta per due stagioni prima della cessione alla Cavese, con la quale nel 1980/81 ottiene una storica promozione in serie B segnando 17 reti in 32 partite. Arriva nel Bari di Catuzzi nel 1982 e l’anno successivo fa parte della rosa guidata da Bruno Bolchi che vince il campionato di C1. In due stagioni con la maglia biancorossa totalizza 57 presenze e 5 gol. Chiusa l’avventura barese, si trasferisce a Modena , per far ritorno in Puglia nel 1985: veste le maglie del Monopoli per due stagioni, del Fasano per cinque e chiude la carriera a Locorotondo, in serie D, nel 1999.

Attualmente è tecnico di settore giovanile nella New Football Academy Bari del presidente Francesco Lombardi, dove è istruttore dei Pulcini. In precedenza per tanti anni è stato nella Passepartout Aurora Bari presieduta da Tonino Pepe.

De Tommasi, lei ci crede ancora?

“C’è quasi tutto il girone di ritorno da giocare. Undici punti dalla Ternana sono tanti, ma nel calcio di ribaltoni anche incredibili ne abbiamo visti. Quindi guai a pensare sin da ora ai playoff”.

E’ vero, ma in città serpeggiano i malumori.

“Capisco lo stato d’animo dei tifosi. Quanto al mercato, io due attaccanti come Simeri e Montalto non li avrei ceduti”.

In compenso è arrivato un barese, Cianci.

“La squadra aveva bisogno di un po’ di baresità e lo dice chi ha fatto parte del Bari dei baresi di Catuzzi”.

Cos’altro manca?

“Purtroppo non c’è stata continuità tecnica, si è sempre cambiato allenatore, per quanto mi riguarda avrei dato fiducia a Vivarini”.

Lei la serie C l’ha vinta con Cavese e Bari: cosa serve?

“Per vincere non basta avere giocatori tecnicamente forti e il Bari di oggi li ha. Occorrono calciatori carismatici. Ricordo che nella Cavese c’era Paolo Braca, nel Bari Totò Lopez. Calciatori capaci di trascinare i compagni e di mettere in campo quella cattiveria agonistica che ora stento a vedere”.

A proposito di Cava dei Tirreni, lì ha vissuto gli anni migliori della sua carriera?

“Sono stato benissimo e ho avuto la fortuna di avere un grande allenatore come Pietro Santin che mi ha fatto esprimere al meglio, come Tom Rosati nei due anni precedenti a Salerno. Rosati mi diceva: vai in campo e gioca come sai. E’ quello che dico anche ai miei allievi più dotati, perché il calcio è divertimento e, francamente, devo ammettere che negli ultimi anni mi diverto poco”.

L’allenatore che le ha dato di più sul piano tecnico chi è stato?

“Ho avuto la fortuna di giocare nella Primavera della Roma e di affacciarmi in prima squadra ai tempi di Niels Liedholm. Un vero maestro. Poi a Bari Enrico Catuzzi e Bruno Bolchi. Il primo mi faceva giocare da centravanti di manovra, quello che ora si chiama falso 9, spalle alla porta per favorire gli inserimenti delle ali e delle mezzali. Il secondo, visto che non avevo il fisico del classico centravanti, mi dirottò sull’esterno, avendo due grandi attaccanti d’area come Messina e Galluzzo”.

Qual è il calciatore più forte con cui ha giocato?

“Agostino Di Bartolomei, indimenticato capitano della Roma: centrocampista che abbinava tecnica e potenza e dalla grande personalità”.

In Puglia ha giocato anche con le maglie di Monopoli, Fasano e Locorotondo dove iniziò la carriera di allenatore…

“A Cava ho vissuto anni meravigliosi ma mi sono trovato bene in tutte le piazze. Sì è vero, a Locorontondo ero il vice di Pino Giusto ma mi capitò anche di giocare una partita di Coppa, in serie D, contro una squadra campana. Eravamo in emergenza, con tanti assenti, ed essendo tesserato come calciatore, Pino mi chiese di giocare. Segnai su calcio d’angolo…”.

Vito Contento



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